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Sviluppo tecnologico e innovazione

Dentro le nuove linee guida Unesco per l’AI

09 Dicembre 2021
Gabriele Cruciata
Foto: Drew Angerer/Getty Images

Il 24 novembre tutti i 193 paesi membri dell’Unesco hanno sottoscritto le raccomandazioni redatte dall’agenzia sul tema dell’intelligenza artificiale. Il documento è composto da 28 pagine ed è il frutto di due anni di lavoro. Come dichiarato dalla stessa Unesco, il punto focale è la volontà di formare un framework legislativo e regolatorio “per assicurarsi che di queste tecnologie emergenti possa beneficiare l’umanità nel suo complesso”. Tra i firmatari ci sono anche Cina e Russia, note per il loro approccio alla tecnologia non esattamente incline ai diritti umani

Il riferimento principale del documento appena approvato è la cosiddetta AI human-centred, cioè sviluppata e costruita intorno all’essere umano e agli interessi collettivi. Tra i principi elencati nel documento e ritenuti fondamentali ci sono la non discriminazione, la protezione dei dati personali e della privacy nonché la trasparenza degli algoritmi, la spiegabilità delle loro decisioni e la supervisone umana con la possibilità di tracciare la responsabilità di eventuali errori. La raccomandazione prevede anche un ban esplicito nei confronti del cosiddetto social credit system e della sorveglianza di massa.

Il documento promosso dall’Unesco si inserisce in contesto internazionale molto frizzante, in cui agli approcci opposti di Stati Uniti e Cina si sta delineando con sempre maggior definizione una terza via europea. L’AI Bill attualmente in discussione a Bruxelles (se approvata sarebbe la prima legge al mondo nel suo genere) si sta infatti affrancando dalla strategia iperliberista statunitense e da quella ipernormativista cinese per favorire lo sviluppo di un’intelligenza artificiale sempre più etica, cioè al servizio delle persone comuni.

Dal momento che il documento Unesco è stato firmato da tutti i membri dell’Unione europea, è lecito aspettarsi che anche l’AI Bill finirà col ricalcarne non solo le posizioni principali, ma anche aspetti sensibili e precisi come quelli legati alla sorveglianza di massa o alla spiegabilità delle azioni e la tracciabilità delle responsabilità. A rafforzare tale ipotesi c’è anche un crescente desiderio a livello europeo di allontanare le aziende tech private dal mondo dell’intelligenza artificiale.

Tuttavia, a fronte di uno sforzo internazionale sempre più urgente e orientato verso un’AI su misura di essere umano, persistono ancora le limitazioni dovute alla composizione degli organismi internazionali. In primis il fatto che gli Stati Uniti - culla delle più importanti aziende sviluppatrici di intelligenza artificiale - non facciano parte dell’Unesco e non abbiano dunque partecipato né alla redazione né all’approvazione del documento appena votato. E poi la solita nota dolente: il documento non è vincolante, ma delinea solo i principi generali a cui gli stati membri dovrebbero attenersi.

Ma Gabriela Ramos, vicedirettrice Unesco per il settore scienze umane e sociali, ha spiegato a Politico di essere ottimista e che “per i paesi è arrivata l’ora di riaffermare il proprio ruolo di legislatori e incentivare il buon uso dell’AI”. Ramos ha aggiunto che il documento “è la chiave di volta per modificare il business model dell'industria dell’AI”, che più sulla capacità di controllo totale dovrebbero puntare su servizi offerti alle persone nella quotidianità. Inoltre, “Il fatto che Russia e Cina abbiano aderito è un ottimo segnale in termini di responsabilità e credibilità”. 

Il prossimo passo rimane dunque quello, fondamentale, di Bruxelles. La speranza è che l’imposizione di un’etica sempre più stringente in Europa non finisca con l'allontanare del tutto gli investimenti che già oggi corrono ampiamente verso gli Stati Uniti e la Cina. In tal caso l’Unione europea si ridurrebbe ad una zona regolatissima, che però rischia di rimanere molto indietro dal punto di vista della tecnologia.