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Educazione

Il futuro della scuola? Imparare facendo (e divertendosi)

13 Giugno 2022
Federico Cella, Michela Rovelli

L’errore più grande della scuola? L’aver smesso di credere nell’imparare facendo, il cosiddetto learning by doing che è il faro illuminante delle nostre esperienze/apprendimento fino ai 6 anni e poi sparisce per lasciare spazio a un’educazione basata quasi esclusivamente sulle nozioni. E se Mitch Resnick racconta come pochi altri questo peccato da emendare, avendo in mente l’impostazione della scuola negli Stati Uniti, quanto l’autore racconta nel suo Lifelong Kindergarten diventa di massima importanza in un Paese come l’Italia dove in quasi ogni ordine la scuola è pura nozione. Salvo le buone capacità formative, e la passione unita allo spirito di intraprendenza, che fortunatamente si trovano in tanti – ma purtroppo singoli nell’agire - bravi insegnanti.

Raccontare chi è Mitch Resnick richiederebbe un file a parte: basti sapere che il professore dell’Mit di Boston – il mitico Massachusetts Institute of Technology - è docente in Learning Research al Media Lab dell’istituto americano, dove appunto dirige il gruppo di ricerca Lifelong Kindergarten. È di fatto il creatore del software Scratch, strumento universale dedicato a insegnare il coding ai bambini e ragazzi, ed è Papert professor (titolo onorifico, dal suo predecessore e professore all’Mit Seymour Papert) sull’utilizzo del Lego come strumento educativo. “Come i bambini” è invece la scelta di traduzione del titolo del suo libro in italiano - con tanto di sommario: “IMMAGINA, CREA, GIOCA e CONDIVIDI. Coltivare la creatività con il Lifelong Kindergarten del MIT -, che è stato edito da Erikson nel 2018 e costa 18 euro. Si tratta di un manualetto di 150 pagine molto agile e piacevole, consigliato a tutti gli educatori – sia di professione, sia per natura genitoriale – e a tutti quelli che hanno passione per le nuove generazioni. Qui Resnick teorizza la sua spirale dell’educazione, una sorta di astrazione di quello che nella pratica e spontaneamente i bambini fanno ogni volta che si applicano a una qualcosa: immaginare, creare, giocare, condividere, riflettere e poi immaginare ancora. E ripetere quanto si vuole, ottenendo da ogni passaggio di questa appunto spirale dell’apprendimento creativo nuove idee, conoscenze e dunque competenze.

Niente di nuovo, a voler ben vedere. Gli appassionati del genere ritroveranno il motto latino ludendo docere, e la meravigliosa intuizione di Tommaso Campanella nella sua Città del Sole: “Li figliuoli, senza fastidio, giocando, si trovano saper tutte le scienze istoricamente prima che abbin dieci anni”. Un apprendere attraverso attività ri(creative) che anche secondo il frate del ’600 avrebbe dovuto seguire l’uomo e la donna per tutta la durata della vita. In un tema anche di lifelong learning, cui Resnick aggiunge l’ingrediente definitivo: la potenza della tecnologia. Che considerata come mero strumento, dalle infinite applicazioni, deve essere la base attraverso la quale i bambini e i ragazzi devono arrivare preparati a quella che lui definisce la “società della creatività”. Il mondo nuovo che abbiamo davanti, denso di opportunità e secondo Resnick da affrontare attraverso 4 pilastri guida: Projects, Passion, Peers e Play. Progetti, passione, cooperazione (tra pari) e gioco.

Tanto gioco pratico. Il che ci porta a un secondo testo, scritto da un altro grande educatore americano, James Paul Gee, tradotto in Italia “Come un videogioco”, edito da Raffaello Cortina, 19,80 euro. Il testo del 2013 può sembrare pura fantascienza per molti ambienti scolastici italiani, eppure predica esattamente quanto ci si aspetta: l’utilizzo dei videogiochi – “i buoni videogiochi” – in classe come strumenti di apprendimento. E non parliamo, si badi bene, di (sola) gamification come declinazione dei contenuti e dei metodi, ma proprio di sperimentare giochi elettronici per “insegnare e apprendere nella scuola digitale”.

Perché di fatto, secondo Gee, i videogame costituiscono una base straordinaria per impostare un’educazione di successo: motivano i giocatori a perseverare e allo stesso tempo insegnano a come giocare. Un bravo insegnante dovrebbe imparare dai principi attraverso cui nasce un videogioco ben fatto e applicarli al proprio manifesto educativo.