All’apparenza sembra un razzo normale. Bianchissimo, alto 35 metri, sul lato reca la scritta Relativity, come il nome della startup Relativity Space che l’ha creato. Ma in realtà questo razzo – si chiama Terran 1 – porta con sé un importante record: è stato realizzato per l’85 per cento della sua massa con una stampante 3D. E questo lo rende il più grande oggetto in stampa 3D pronto a entrare in orbita. O quasi.
Il lancio di Terran 1 era previsto da Cape Canaveral, in Florida, il 22 marzo. Due gli obiettivi della missione, denominata con il simpatico acronimo GLHF (che sta per Good Luck Have Fun, ovvero: buona fortuna, divertiti!). Il primo prevedeva di superare il cosiddetto MaxQ, il momento in cui un veicolo spaziale è sottoposto alla massima pressione dinamica. Ed è andato a buon fine. Ma non si è riusciti a completare il secondo obiettivo, che prevedeva di arrivare in orbita a una velocità di 27mila chilometri all’ora. Il problema riscontrato è stata una anomalia che non ha premesso al secondo stadio di accendersi in modo corretto. In totale la missione è durata appena tre minuti.
È stato comunque un successo. In precedenza erano già stati fatti due tentativi, a inizio marzo, non andati a buon fine. C’è molto ottimismo sul futuro di questo razzo stampato in 3D: «Abbiamo appena completato un passo importante nel provare al mondo che i razzi stampati in 3D sono strutturalmente praticabili», ha dichiarato l’azienda, pensando soprattutto alla sostenibilità di questa tipologia di veicoli spaziali rispetto a quelli attualmente utilizzati. La sua potenzialità sta poi nel costo: il razzo permette di trasportare fino a 1250 chilogrammi fino alla bassa orbita terrestre – per fare un paragone il Falcon 9 di Space X ne può portare 22mila – ma l’azienda dichiara un costo di 12 milioni di dollari a volo. Falcon 9 ne richiede 67 milioni.