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Perché gli sconti online sono meno attraenti?

27 Novembre 2023
Federico Cella, Michela Rovelli

C’è voluto più tempo del previsto, poco meno di due anni di ritardo rispetto a quanto richiesto dall’Unione Europea (cioè il 21 novembre del 2021), ma ora la Direttiva Omnibus della Ue è in vigore anche in Italia. Di cosa stiamo parlando? La direttiva 2019/2161 contiene una serie di norme a tutela dei consumatori europei - nell’ambito dell’iniziativa New Deal for Consumers – soprattutto in materia di acquisti sulle piattaforme di e-commerce. Il risultato tangibile che ognuno di noi può verificare da qualche tempo a questa parte può avere un aspetto paradossale. E cioè che gli sconti e le offerte che troviamo online sono meno attraenti rispetto al passato. A cambiare però non è la sostanza del (possibile) risparmio, ma proprio la forma con cui questo viene presentato al consumatore: le norme Ue in sostanza impongono al venditore maggiore trasparenza rispetto alla campagna promozionale. E questo si traduce in percentuali di sconto meno “attraenti” ma solo perché più veritiere. Vediamo in che senso.

Il decreto 26 del 7 marzo 2023, quello con cui l’Italia ha recepito le norme comunitarie, ha di fatto modificato il Codice del Consumo ossia quell’insieme di regole che dal 2005 regolano diritti e doveri del consumatore in Italia. Le nuove direttive fissano le modalità con cui gli sconti devono essere indicati durante i periodi promozionali. “Ogni annuncio di riduzione di prezzo indica il prezzo precedente applicato dal professionista (il venditore, ndr) per un determinato periodo di tempo prima dell’applicazione di tale riduzione”, si legge. Con il comma 2 che va a specificare che per “prezzo precedente” si intende – ed è qui che scatta la percezione di sconti più leggeri - “il prezzo più basso applicato dal professionista alla generalità dei consumatori nei 30 giorni precedenti all’applicazione della riduzione del prezzo”. In sostanza si è andati a vietare la pratica per cui come riferimento per la percentuale di sconto si prendeva non il prezzo più recente del prodotto ma quello più alto applicato nel tempo indicato. Per chi non rispetta le nuove regole è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, che va da un minimo di 516 euro a un massimo di 3.098 euro. Nei casi più gravi e reiterati, la comunicazione illecita degli sconti può essere considerata come attività ingannevole e per queste situazioni la direttiva Ue ha innalzato le sanzioni fino a 10 milioni di euro o pari al 4% del fatturato annuo della piattaforma di vendita.

Se la Direttiva Omnibus si può applicare, e anzi deve essere applicata anche ai negozi fisici, la filosofia di fondo per cui è stata emanata dalla Ue è legata soprattutto all’e-commerce. Perché soprattutto nel caso delle piattaforme online, i confini geografici e dunque le leggi nazionali sono facilmente aggirabili. Motivo per cui la Commissione Europea il 27 gennaio del 2022 ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, ritardataria nel recepire la norma. La corsa che ha portato al decreto del marzo scorso – con applicazione reale dallo scorso luglio – ha però permesso al nostro Paese di evitare un ricorso vero e proprio che avrebbe significato un’ennesima multa da parte della Ue. E di mostrare anche a noi italiani sconti meno “wow” ma senz’altro più aderenti alla realtà