È una sorta di truffa al contrario. Il progetto sviluppato dalla Macquarie University di Sydney si chiama Apate, come la dea greca dell’inganno. Perché l’idea è di sfruttare chatbot del tutto indistinguibili da veri essere umani, per intercettare le telefonate di phishing e conversare con i cybermalfattori. Per far perdere loro tempo, e dunque interesse nell’attività, fino ad arrivare a raccogliere dati sul business illegale. Per poi permettere alle forze dell’ordine di intervenire nel mondo fisico. Come spiega al Guardian lo studioso Dali Kaafar (nella foto), l’idea è quella di “truffare i truffatori”.
I dati proposti da Apate sulle dimensioni del fenomeno delle chiamate scam sono quasi incredibili: ogni giorno nel mondo verrebbero effettuate 70 milioni di truffe telefoniche, con una percentuale del 25% della popolazione mondiale che avrebbe perso denaro a seguito di una qualche telefonata o sms malevoli. Comunque siano i numeri, l’emergenza è certa, un disagio quotidiano che molti hanno sperimentato di persona. E in alcuni casi, soprattutto se l’obiettivo della truffa è una persona “fragile” per un qualche motivo, il colpo va a segno: che sia una telefonata o un messaggio, che sia la vittima a condividere direttamente le informazioni sensibili (coordinate bancarie, password, anche solo l’indirizzo) oppure che sia il truffatore a indurre a un’azione (solitamente cliccare un link, ma il raggiro può andare ben oltre).
Malcom è un signore anziano dalla marcata cadenza british, Ibrahim un signore dall’accento egiziano. Rispondono alle telefonate con voci molto credibili, reali si direbbe. Ed esprimono emozioni, perplessità solitamente e smarrimento di fronte alle strane richieste che ricevono. Richieste su recenti acquisti online mai avvenuti, offerte di iscrizioni a club della lettura, contratti mai stilati ma apparentemente ancora attivi. I due uomini vanno avanti nella loro recita, perché non di esseri umani si tratta ma dei chatbot di Apate – attivati sui numeri sospetti dalle compagnie telefoniche del Paese – che tendono la trappola a chi sta cercando di farci cadere in trappola. Gli algoritmi che gestiscono la conversazione testano diverse strategie, si allenano con i truffatori per migliorare il proprio impatto. Facendo perdere tempo, e nel frattempo estraendo continuamente dati, sulla durata della chiamata, l’orario più ricorrente, e ovviamente i contenuti della truffa, per rilevare subito quelle nuove e capire gli schemi psicologici che seguono. Se, esasperato, il criminale dall’altro capo del telefono dovesse poi rivelare informazioni utili ad arrivare a individuare fisicamente la fonte della truffa, allora è previsto anche l’intervento delle forze dell’ordine, con mandati di cattura internazionali.